Bon ton a parte, il caffè espresso può definirsi come una grande conquista dell’umanità, al pari dell'invenzione della ruota, delle piramidi, della teoria della terra rotonda e dello sbarco sulla luna. Stiamo parlando di un’invenzione tecnologica e sociale: penso che dopo di essa solo lo smartphone stia riuscendo in tale impresa.
Torniamo indietro di qualche anno, gli anni delle innovazioni e della rivoluzione industriale, gli anni della nascita di nuove classi sociali e di nuovi ritmi.
L’idea iniziale fu, alla fine del 1800, di un imprenditore torinese, tale Angelo Moriondo.
Il principio era quello di avere una bevanda di caffè che fosse preparata all’istante, rapidamente… espressamente!
Passata una quindicina d’anni, all’inizio del 1900, la grande storia del caffè espresso diventò realtà, un inventore milanese perfezionò e registrò il brevetto di una macchina a vapore acqueo con preistorici portafiltri dove porre caffè macinato e compresse.
Nasce il caffè preparato espressamente per il cliente.
Negli stessi anni un certo Guglielmo Marconi inviava il primo messaggio radio oltreoceano. Mi piace pensare allo stesso Marconi che invita i sui amici oltreoceano in Italia a prendere un caffè espresso (mica ce l’avevano loro…).
L’Italia è in pieno fermento industriale e tecnologico; le menti degli inventori pensano e creano, le mani degli impiegati e gli operai in fabbrica lavoravano sempre di più e velocemente: tutti hanno bisogno di sostegno. Il caffè è pronto a diventare una rockstar!
Con il suo carico di caffeina, il caffè supporta il nuovo proletariato. Inizia una nuova era per il caffè, fino ad allora visto come una bevanda analcolica per contrattazioni commerciali o da ricca borghesia. In soli pochi decenni diventa combustibile di un’Italia sempre più unita, alfabetizzata e industrializzata.
La grande storia del caffè espresso è pronta per la sua prima macchina in commercio, si chiama Ideale ed è marchiata La Pavoni. Era il 1910, certo… non immaginatela come le nostre macchine contemporanee piena di automatismi e sicurezze. Le teste dei gruppi dell’Ideale raggiungevano temperature fino a 140°C ed una pressione di soli 1,5 Bar, molto inferiore rispetto ai nostri 9Bar.
Il risultato in tazza, di cui per ragioni anagrafiche ho potuto solo documentarmi, erano estrazioni di circa 45 secondi amare con poco corpo, caldissime e un gusto che assomiglia più ad un caffè filtro bruciato rispetto ad un nostro Espresso contemporaneo.
Ben presto le caffetterie, che nel XIX secolo erano luoghi tranquilli, da conversazione, diventano bar con ritmi sempre più veloci per lavoratori ed operai alla ricerca di una ri-carica di caffeina. Di pari passo con i nuovi vocaboli della caffetteria, durante campagne per “italianizzare” parole straniere, nasce il termine barista, traduzione dell’americano barman, mestiere già in voga nei primi anni del secolo; sarà poi una nota multinazionale americana a far esplodere di fama globale la professione del barista.
Come la storia narra, arrivano anni difficili per il caffè con il calo dei consumi, conseguenza delle politiche restrittive sull’importazione. Al contrario di qualche folkloristica credenza, in Italia non è possibile coltivare caffè e la reperibilità dei chicchi diventa quasi di contrabbando.
Il Dopoguerra segna la ripartenza dello sviluppo della macchina espresso. Gaggia installa una pompa manuale, in modo da poter esercitare una maggiore pressione sul caffè e di conseguenza estrarre gli oli presenti. Signore e Signori: La Crema!
Fu l’anno 1961. Bob Dylan e Pavarotti debuttano in pubblico, uno in un bar-sottoscala di New York, l’altro interpretando una parte de Là Boheme a Reggio Emilia… e non solo. Dalle officine Faema di Ernesto Valente venne rilasciata una macchina espresso semiautomatica, la prima con una caldaia interna orizzontale.
Benvenuta Faema E61, la pietra miliare di tutte le macchine da espresso moderne.
I primi ad essere felici sono i baristi: il loro lavoro diventa fisicamente più facile ed iniziano ad avere tempo di chiacchierare e intrattenere i loro clienti durante l’estrazione del caffè.
Il caffè espresso diventa pop. In ogni quartiere di ogni città, o piccolo paese, aprono bar e caffetterie che in poco tempo diventano punti di ritrovo dal carattere leggero, con discussioni infinite tra Merckx e Gimondi, Festival di Sanremo e le gaffe di Mike Buongiorno.
La cultura del caffè italiana è fatta! Creata nella prima metà del secolo, in questi anni si consolida, diventa forte e “massiccia” e non si muove nonostante i crescenti livelli di globalizzazione.
Il caffè espresso è un “lusso popolare”, basta pensare al “caffè in sospeso” a Napoli.
Gli italiani abitudinari vanno al loro caffè sotto casa: ordinare un espresso diventa routine, nonché uno status-symbol, addirittura si definiscono leggi non scritte sull’etica da bar: vietato ordinare un cappuccino dopopranzo ed il prezzo deve seguire il costo del giornale quotidiano, rituali che si aggiungono alla grande storia del caffè espresso.
Cosa si beveva? Nelle tazzine italiane da sempre hanno dominato caffè naturali brasiliani; le torrefazioni con maestria miscelano arabiche e robusta, lavorando sempre di più sul filo d’equilibrio tra qualità e rapporti coi i proprietari dei bar, purtroppo non sempre a favore del profilo aromatico del caffè.
È qui che si svela la chiave di lettura della cultura dell’espresso italiano. Mentre oggigiorno i massimi esperti di caffè sono intenti a degustare caffè eccellenti dal profilo aromatico ricco e complesso, con un approccio quasi chimico, per la grande maggioranza di italiani il caffè è la scintilla che evoca ricordi lontani, ricordi che possono essere dal cappuccino durante una lenta mattina nel sud Italia od un espresso preso al volo prima di una giornata di corsa al centro di Milano. Quel senso del luogo, del locale, è una parte importante, fondamentale, dell'Espresso in Italia.
La cultura globale del caffè, al contrario, è stata molto influenzata da quella italiana: lo stile italiano nel mondo è stato un grande successo negli anni Settanta. I flussi migratori e la nascita di comunità di italiani da Seattle all’Australia hanno esportato, oltre la pizza, le macchine espresso e l’espresso, che in poco tempo diventa la base della maggior parte delle bevande al caffè.
Possiamo discutere delle innumerevoli distorsioni sul menu della caffetteria e su diversi profili d’estrazione, possiamo entrare nel tunnel sensoriale su quali aromi dev’essere composto un espresso, per non parlare della tostatura. Non lo farò!
È vero, inventando la prima macchina per l’estrazione dell’infuso di caffè idrocompresso, più comunemente macchina per espresso, l’Italia ha di conseguenza inventato, contribuito alla grande storia del caffè espresso, ne sono orgoglioso ed è storia scritta. Il caffè Espresso è diventato un patrimonio dell’umanità, piuttosto che di un singolo paese. L’Italia ha tentato per decenni, ma non è stata in grado di avere un’egemonia sulla cultura del caffè.
Gli anni 2000. Il nuovo millennio porta con sé una carica di sperimentazione e di ricerca sul caffè in tutti i suoi aspetti: il caffè espresso sta diventando sofisticato e raffinato e i caffè specialty da un minuscolo segmento, in alcune realtà, sono la quotidianità.