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Tecnica e creatività in tazza: la qualità del caffè secondo Andrea Guerra

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Caffè e cocktails sono due settori che offrono al barista massima libertà creativa. Due universi complessi dove si può sperimentare, coccolare e stimolare il cliente, con l’aiuto indispensabile di una buona dose di tecnica e di competenza. Il giusto mix tra fantasia e preparazione infatti è la via maestra che traccia Andrea Guerra, torrefattore e docente di caffetteria oltre che formatore della Specialty Coffee Association, nel cammino che ha nella qualità del caffè la propria naturale e imprescindibile destinazione.

Andrea, tu hai iniziato come barista, per poi diventare anche "torrefattore". Un vero "coffee addicted". Raccontaci il tuo percorso.

Si, è vero, nasco come barista. Il mio percorso è iniziato in Romagna, a Milano Marittima, muovendo i primi passi dietro al bancone tra il celebre Caffè della Rotonda, il Grand Hotel di Cervia e il Vista Mare Suite. Poi ho avuto lunghe esperienze all'estero, tre anni a Miami, Florida, all'Ago Restaurant, di proprietà del celebre attore Robert De Niro, un ristorante tra i più esclusivi all'interno dello Shore Club a Miami.

La principale occupazione ad oggi?

Tornato dall'America ho iniziato a lavorare nel settore della torrefazione e formazione a Firenze, presso La Tosteria, azienda specializzata nella torrefazione di caffè con alle spalle una lunga storia. Mi occupo della qualità: seguo la filiera dalla scelta delle materia delle prime, alla tostatura.

E in che consiste?

Dall'assaggio e quindi la scelta della campionatura di materia prima, fino alla tostatura e alle composizioni delle miscele a seconda delle destinazioni d’uso, sia per l'espresso, sia per il filtro. Poi mi occupo di far conoscere il caffè in un duplice ruolo: da un lato faccio ricerca come torrefattore, da un altro sono formatore autorizzato della Specialty Coffe Association, cioè, il trainer per i baristi.

 

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La fantasia al potere

La creatività dietro a un drink originale come la scoperta aromatica delle caratteristiche di un chicco diversamente tostato: la voglia di apprendere e di scoprire dietro al bancone può tradursi in molti modi, arricchendo quel percorso di crescita verso l’eccellenza compiuto da ogni professionista, alla ricerca della qualità del caffè come del cocktail.

Come è nata la passione e la specializzazione nel mondo del caffè? Quando è scattata la scintilla?

È iniziata dal cocktail. Potrebbe sembrare strano, ma in generale, per chi inizia a lavorare da giovanissimo in un bar, il percorso è abbastanza comune e condiviso. Da giovani, la massima possibilità di esprimersi viene dall'universo dei cocktail. La passione per il caffè, invece, è un punto d'arrivo. È un argomento che si lascia scoprire con l'esperienza. Pian piano apprezzi le differenze, le tecniche, e scopri la meraviglia di una pianta che conta 125 specie diverse. Un po' come nel mondo del vino. Ma in generale penso la maggior parte dei baristi che si sono specializzati nel caffè siano partiti dal cocktail bar.

Due mondi che lasciano massima libertà di espressione creativa al barista. Qualche cocktail a base di caffè?

Il più famoso è sicuramente l'Espresso Martini, molto in voga negli Stati Uniti: un connubio tra espresso e distillati che nasce proprio dall'intuizione americana, in una classe di cocktails accomunati dal fatto di essere serviti nella classica coppa Martini. Gli ingredienti sono: espresso, vodka alla vaniglia, qualche goccia di liquore Frangelico, e magari, un'aggiunta di panna, per le versioni più ammiccanti.

Esiste secondo te un errore comune in cui ricade chi fa il barista? E luoghi comuni sul caffè?

In Italia sia le persone che vengono a fare i corsi sia coloro che decidono di aprire un bar incappano spesso in credenze diffuse: faccio qualche esempio. Succede spesso che il barista si convinca di fare bene una cosa, e invece, salta dei passaggi essenziali. Sul fronte dei clienti, invece, esiste l'opinione diffusa che per fare il barista non conti molto la professionalità. O ancora, ci sono le credenze popolari, come quelle che... il caffè più buono è quello che fa la crema più densa. E perfino la convinzione che più lo zucchero impiega a sprofondare nella cremina, più il caffè allora sarà buono. Un altro argomento di confusione è la scelta tra caffè stretto o lungo. Convinzioni che non hanno fondamento scientifico.

A proposito di falsi miti e frasi fatte: il caffè filtro sta vivendo quella che sembra sempre più essere una nuova primavera. C’è così tanta differenza rispetto all’espresso?

È un mondo totalmente diverso, non si possono paragonare. Sono due metodi di estrazione differenti: il caffè filtro viene estratto per "percolazione", quindi il corpo è assolutamente diverso e il caffè da utilizzare è differente. Se si sceglie una proposta per il caffè filtro ci vorrà un caffè dedicato: le varietà di altura, sono perfette. In particolare arabica. Per l'espresso, invece, si possono scegliere sia arabica o miscele di arabica/robusta, ma con una tostatura più "scura" e in genere più lunga.

Parliamo del gusto: miscela o single origin? Quali scegliere? E in base a quali fattori?

Mediamente le aree produttive del caffè si possono catalogare in base ai sentori che esprimono. Il caffè si produce dai seicento ai duemila metri di altitudine. Più saliamo di quota, più l'escursione termica rallenta la maturazione del frutto. Il risultato è una concentrazione aromatica e densità maggiore. Se dovessi bere un caffè mono origine cercherei un caffè con una tracciabilità completa. Faccio un esempio, sarebbe bene richiedere la tracciabilità, con la spiegazione di tutti i passaggi e i processi da cui nasce. Insomma, un crù, come nel vino. Nella scelta di una miscela, di solito, si cerca sempre qualcosa di più "rotondo". Vige l'arte di equilibrare le singole varietà e di bilanciarne il gusto. In una miscela, l'espressione massima in termini tecnici sarà la ricerca di "eleganza" e "corposità". Qui si vede l'abilità del torrefattore.

 

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Il sistema come catena di qualità

La bontà dell’intera filiera come condizione necessaria per la produzione di un caffè di qualità, naturale risultato di una serie di scelte e di comportamenti virtuosi messi in atto da tutti i diversi protagonisti coinvolti, dall’importatore di caffè crudo al barista dietro al bancone.

Quali sono i passaggi tecnici che influiscono maggiormente sulla qualità del caffè?

Dal punto di vista del lavoro al bar, primo su tutti la manutenzione e la pulizia costante delle macchine e dei macinadosatori. Il macinadosatore deve essere pulito in ogni sua componente, dalla tramoggia alle macine. Altrimenti gli oli essenziali, cioè le sostanze grasse del caffè, si ossidano, trasferendo aromi rancidi che seppur in piccola percentuale entreranno nel caffè. Idem per le macine. Il barista deve avere una cura del macinadosatore giornaliera.

Che consiglio si può dare nella scelta del macinadosatore?

Il primo consiglio è quello di utilizzare tassativamente i macinadosatori "on demand". Ciò per motivi tecnici. Bisogna pensare che ogni caffè, dopo appena quindici minuti dalla macinatura, perde il 60-70% della parte aromatica. In secondo luogo, preferire delle macine affidabili. Appunto per questo, personalmente, preferisco i macinadosatori con macine piane, perché nel macinare si ottiene un particolato più omogeneo, evitando per quanto possibile la parte di "fine", ossia il macinato impalpabile, della consistenza del talco.

E quanto incide sulla qualità il lavoro del torrefattore?

Se volessimo semplificare al massimo, possiamo dire che il torrefattore incide per il 50% della qualità. Se io estraggo un caffè a regola d'arte, che esprime tutto il suo potenziale, significherà che il torrefattore avrà tostato, conservato, impacchettato il caffè a perfezione, in maniera da sigillare gli aromi. E avrà garantito una filiera ottimale.

E a casa? Un consiglio per fare il miglior caffè nella propria cucina.

A prescindere dalla macchina a disposizione, il caffè va comprato in grani e poi macinato all'istante. La dose standard non esiste, ma più una miscela è ricca di varietà arabica e più dovremmo osare con qualche grammo in più, così da esaltare al meglio tutte le caratteristiche del nostro caffè. In Italia tutti hanno una moka a casa: consiglierei di utilizzarla al meglio. Anche perché la macchina espresso professionale ha una pressione che arriva minimo a nove bar, per cui è un po' difficile dotarsi di macchine di questo tipo a casa.

 

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Andrea Guerra dà i voti

Microfono aperto per concludere: il vero caffè di qualità secondo Andrea Guerra, nella triplice veste di assaggiatore, barista e torrefattore.

Quale è l'aroma o il gusto che più ti ha colpito in un caffè?

La mia preferenza va verso i caffè etiopi: caffè di altura che hanno acidità brillante e sentori agrumati e floreali intriganti. In particolare, l'Etiopia Yirgacheffe, una regione particolare vocata alla coltivazione.

I locali dove hai assaggiato di recente i migliori caffè?

Ho trovato ottimi caffè e personale qualificato in città come Barcellona, Madrid, e addirittura in Grecia, dove stanno facendo passi da gigante nella professionalità. Anche in Italia, certo, ma troppo spesso pensiamo di avere il caffè nel dna, e di conseguenza facciamo fatica ad avere l'umiltà di voler imparare sempre qualcosa di nuovo. Inoltre, bisogna considerare il fatto che all'estero il caffè costa molto di più, il che gratifica la ricerca della qualità, e non hanno abitudini da cancellare e vizi da dover correggere. Quindi paradossalmente ci si affida ai professionisti e il caffè diventa una scienza.

Quindi chi è un bravo barista?

In generale, il bravo barista è colui che si lascia guidare dalla passione e non si accontenta delle conoscenze abituali. Nel caffè in particolare, è colui che si impegna nell'offrire qualità al massimo delle proprie possibilità, attraverso conoscenza tecnica ed esperienza.

 

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