Molti professionisti del settore hanno già sicuramente partecipato, almeno una volta nel corso della loro vita lavorativa, a delle sessioni di degustazione del caffè.
Questo li ha portati a padroneggiare i passaggi che da sempre si avvicendano attorno ad un tavolo di Cupping (il nome con il quale è conosciuto l’assaggio col metodo alla brasiliana): annusare il profumo, succhiare una piccola quantità, ricevere informazioni dal palato, valutare, sputare e quindi ripetere. Per coloro i quali invece non sono spinti dal loro lavoro al tavolo della degustazione, basterà parteciparvi una volta per essere conquistati dal divertimento di questa pratica.
Vino, whiskey, olio, svariati tipi di formaggi… la lista dei prodotti che richiedono un approccio professionale alla degustazione non si conclude certo con il caffè ma, anzi, è in realtà quasi infinita!
C’è sicuramente un che di mistico attorno alla figura del degustatore di caffè, una vera e propria aurea che trova giustificazione nella finissima abilità, che questi manifestano, di elaborare e capire i diversi aromi del caffè che incontrano, articolando in modo preciso le molteplici percezioni che arrivano alle loro papille gustative.
Tuttavia, il percorso che porta alla qualifica di degustatore è in realtà semplice da capire e accessibile a tutti: consumatori di caffè, amanti e appassionati, oltre che professionisti del settore…il gradino più semplice è quello di assaggiare un sorso e dare la propria opinione!
Il gusto è la combinazione tra aroma e sapore, una miscela di segnali sensoriali che arrivano quasi in simultanea al nostro corpo dalla bocca e dal naso: l’aroma viene infatti analizzato dai recettori olfattivi, mentre il sapore è riferito alle sensazioni provenienti dalle cellule gustative presenti nella bocca. Un altro aspetto è poi la percezione tattile, la consistenza del cibo (o del liquido, come nel nostro caso), definita anche come ‘sensibilità orale’.
L’allenamento alla base della degustazione del caffè si concentra su quelli che vengono definiti ‘i quattro termini di qualità’, e cioè il salato, l’amaro, il dolce e l’acido; a questi è stato poi recentemente aggiunto un quinto sapore fondamentale, l’umami, ovvero il gusto del glutammato, spesso riferito alla sapidità degli alimenti.
Il primo passo per avvicinarci al mondo della degustazione è concentrarsi nel valutare con attenzione gli aromi e sapori di ogni alimento e bevanda che mangiamo e beviamo quotidianamente, comprese le spezie e le erbe aromatiche. Il corpo umano è in grado di identificare milioni di diversi aromi grazie alle cellule gustative che giungono a contatto con le sostanze chimiche presenti nel cibo e sciolte dalla saliva: l’interazione tra le sostanze chimiche e le cellule provoca dei cambiamenti elettrici in quest’ultime, che si tramutano in segnali chimici, i quali, a loro volta, vengono convertiti in impulsi che vengono trasmessi al cervello.
Ecco la ragione per cui siamo in grado di percepire l’intensità di un gusto, e quindi valutare se questo è piacevole, sgradevole oppure a noi neutro: sono i neuroni dell’apparato gustativo che, oltre a riconoscere le temperature e la consistenza delle sostanze introdotte, ne registrano gli attributi, così come i neuroni del sistema visivo ne raffigurano la forma, la brillantezza e il colore.
L'olfatto e il gusto sono definiti 'sensi chimici' perché ci consentono di analizzare le molecole dell'ambiente esterno con le quali veniamo in contatto durante l’alimentazione e la respirazione. I due sensi chimici cooperano informandoci della presenza di possibili veleni nell'aria o nelle sostanze commestibili, e quindi determinando l'appetibilità dei cibi e delle bevande.
Esistono vari tipi di papille di diversa morfologia nella nostra lingua, in grado di riconoscere differenti sensazioni:
La soglia di percezione per il dolce è la più alta tra i gusti fondamentali. Viene attivata a circa 1 parte su 200 (0,5%) di zucchero in soluzione: un dato che, specialmente se accostato a quello dell’amaro, che ha la soglia di sensibilità più bassa (percepito per 1 parte su 2 milioni, pari al 0,00005%), ben evidenzia le radici evoluzionistiche della fisiologia umana del gusto, naturalmente selezionata per meglio reagire agli indicatori di ricchezza nutrizionale dei cibi.
Il salato viene poi individuato in una soluzione di 1 su 400 parti (0.25%) ed è il primo, tra i sapori fondamentali, che viene perso dall’organismo con l’invecchiamento.
Il gusto acido, infine, è riconosciuto fino ad 1 parte su 130.000 (0.0008%), e si è sviluppato naturalmente come protezione dell’organismo contro le possibili minacce organolettiche.
Per un responsabile della qualità, o anche un ricercatore, è essenziale considerare all’interno della sua analisi degustativa alcuni specifici fattori che vanno a qualificare il prodotto in oggetto: l’aroma, la consistenza, la solidità, i sapori di base, il livello dello ‘speziato’ e a quale spezia questo corrisponda, il livello di dolcezza e di salinità, e infine il retrogusto. Mentre, se la valutazione è svolta nelle vesti del consumatore finale, altri fattori sono inclusi all’interno del processo di verifica, quali l’analisi visiva, la composizione e il colore del prodotto, la grandezza e la qualità della guarnitura, ma anche gli aspetti commerciali, che concorrono senz’altro ad influenzare l’apprezzamento finale.
Il Coffee Taster giudica oggettivamente, e per questo deve possedere alcune qualità:
Gli aspiranti degustatori non si devono però perdere d’animo: tramite frequenti esperienze educative nei gruppi di degustazione si può acquisire la formazione necessaria a svolgere questa eccitante attività, alla cui base c’è un’abilità che, eccezion fatta per quei pochi fortunati super-degustatori per natura, si può sicuramente allenare con tanta pratica!
Fare parte di un gruppo d’assaggio facilita poi l’impegno, rendendo ancora più divertente la degustazione del caffè stesso: la condivisione delle valutazioni individuali, infatti, ha un effetto positivo e vantaggioso su tutto il gruppo, sebbene si possa correre il rischio di una reciproca influenza tra i partecipanti (specie se sono presenti degustatori esperti e principianti).
Ecco perché la discussione e l’analisi comune è preferibile farla alla conclusione della valutazione, magari ricorrendo ad apprezzamenti scritti nelle fasi subito precedenti al dibattito, per rendere ancora più difficile la possibilità di ingerenze sulle note individuali di quanti partecipano.
Solitamente il preludio di ogni evento degustativo consiste in una sorta di ‘calibrazione’ tra quanti sono intervenuti: le qualità e le caratteristiche di una singola tazza di caffè, scelta al di fuori dei campioni da analizzare, vengono discusse collettivamente dal gruppo, affinché si possa verificare una certa omogeneità tra le valutazioni e le impressioni dei partecipanti.
Il caffè è un prodotto globale, la cui rete di distribuzione negli ultimi decenni sta diventando sempre più sofisticata: tanto i produttori e i mercanti di caffè quanto i torrefattori e i baristi, non possono non essere interessati al profilo aromatico del caffè.
L’assaggio è da sempre il metodo per fissare il prezzo della produzione di caffè, e oggi partecipa attivamente anche alla definizione e alla suddivisione del prodotto in micro lotti dalle diverse sfumature di aroma.
Assegnare una valutazione numerica ad una percezione aromatica è un compito difficile, e può dare luogo ad alcune perplessità a riguardo: i numeri da impartire sono universali per tutti i tipi di caffè, oppure devono essere relativi alle aspettative individuali di ogni paese produttore? Come può un assaggiatore del Guatemala, che per tutta la sua carriera ha giudicato caffè provenienti dal suo paese, valutare allo stesso modo di un suo collega keniano?
Anche in risposta a questi interrogativi, nel tentativo di contribuire alla creazione di un linguaggio unico internazionale, il Coffee Quality Institute ha iniziato, già dal 2004, il percorso di training e certificazione chiamato QGrade: il programma prevede infatti l’insegnamento nel riconoscere gli aromi standard e la più possibile calibrazione tra i professionisti, in modo da definire un approccio quanto più omogeneo alla base delle valutazioni e del riconoscimento degli aromi.
Un altro passo è stata la creazione nei primi anni 2000, da parte della Specialty Coffee Association of America (SCAA), di una scheda di assaggio internazionale che determina gli attributi di base secondo fragranza/aroma, flavor, acidità, body, aftertaste e balance (a cui è stato poi aggiunto, nelle successive revisioni, uniformità, dolcezza, clean cup e presenza di difetti).
Non è poi l’unica associazione che possiede una scheda d’assaggio propria: anche la Cup of Excellence ne ha sviluppata una, per alcuni aspetti molto simile, eccezion fatta per l’inserimento tra le voci di verifica della tonalità di tostatura.
L’obiettivo principale delle schede di valutazione è ovviamente quello di facilitare il compito del degustatore nel momento in cui è chiamato a descrivere le qualità del campione assaggiato: dev’essere perciò intuitiva ed efficiente, in modo che la concentrazione e l’attenzione del giudice rimanga sempre sul caffè.
Diamo adesso un’occhiata alle singole sezioni facenti parte delle schede di valutazione utilizzate durante le singole degustazioni di caffè:
‘Cuoci in maniera diversa lo stesso alimento, e avrai gusti tra loro del tutto differenti’ è uno degli aforismi più conosciuti tra i migliori chef, ma la cui applicabilità si estende oltre i fornelli delle nostre cucine, per coinvolgere anche il mondo del caffè. La tostatura infatti, così come il modo in cui le tazze da degustare vengono preparate, ha un forte impatto sulla percezione del bouquet aromatico di quanto si va ad esaminare.
La preparazione del tavolo da degustazione deve avere perciò meno variabili possibili: dalla costanza di tostatura, alla granulometria del macinato, fino alle dosi per tazza è infatti necessario avere un’accuratezza estrema per non modificare i risultati finali.
L’acqua è poi un’altra componente di cui occorre tenere conto, in termini di temperatura, quantità e parametri di qualità. Il profilo di tostatura per i campioni deve essere light-medium, tra gli 8 e i 12 minuti, raffreddato ad aria, e con un colore di 63 +/-1 misurato con il colorimetro. La proporzione ideale tra caffè e acqua è 8.25g per 150ml di acqua a 93°C, pulita e senza odori; il campione dev’essere macinato al momento della degustazione, con una macinatura medio-grossa di circa 850 microns, e il tempo che intercorre tra la macinatura e il versamento dell’acqua non deve superare i 15 minuti.
Si può quindi affermare, in conclusione, che la degustazione è un’analisi personale che si sviluppa attraverso un approccio scientifico. L’impatto che una valutazione ha su un campione di caffè è enorme e può coprire vari livelli della filiera del suo commercio, intervenendo ad esempio, tanto nella ‘prezzatura’ di un raccolto quanto nell’acquisto del lotto da parte del torrefattore.
Il Coffee Taster deve avere perciò molto autocontrollo, senza farsi influenzare dalle esperienze pregresse, bensì sgombrando la mente a ogni assaggio, senza preconcetti. L’arte della degustazione del caffè è sicuramente complessa, ma capace di una magia che trova bene espressione nell’apparente uguaglianza di due tazze che esplorano il palato con aromi tra loro anche opposti, una volta portate alla bocca!